L'annuale Sagra delle fragole di Nemi è un appuntamento imperdibile. Una enorme coppa viene riempita di fragole locali, e quindi innaffiata con dello spumante fragolino. Da non perdere la coppa col gelato alla crema e le fragoline, nei bar della piazza del paese, le vaschette di deliziose fragoline in vendita dappertutto, e i vini e liquori a base di fragole che si possono assaggiare lungo il corso.
Il Tempio di Diana
Il Tempio, o Santuario, di Diana era un enorme complesso; c'era una larga piattaforma artificiale di m.200 x 175 - sostenuta a valle da sostruzioni triangolari e a monte da nicchioni semicircolari in cui probabilmente c'erano statue - e un terrazzamento superiore.
All'interno della piattaforma correvano due portici di ordine dorico, uno con colonne intonacate in rosso, l'altro con colonne di peperino grigio scuro; c'erano statue, ambienti per i sacerdoti, alloggi per i pellegrini, celle donarie, un tempio, bagni idroterapici e perfino un teatro; di tutta questa struttura sono visibili una parete di grandi nicchioni, una parte del pronao con almeno un altare votivo, e alcune colonne.
La maggior parte del tempio, che si allargava su una superficie di oltre 5.000 mq., è tuttora da riportare alla luce. Le parti più alte - come i nicchioni, che affiorano dal suolo per diversi metri - la dicono lunga sulla maestosità che il Santuario doveva avere.
Fu abbandonato con l'avvento del Cristianesimo e in parte depredato di marmi e decorazioni; la selva pian piano lo ricoprì quasi completamente. Gli scavi archeologici iniziarono nel 17° secolo, ad opera soprattutto di amatori e studiosi stranieri, e così per gran parte i reperti - soprattutto statue di splendida fattura - ora si trovano sparsi nei musei d'Europa. Altri 'pezzi' si trovano nel Museo delle Navi e nei musei romani di Villa Giulia e Nazionale delle Terme. Alcuni sono a Palazzo Ruspoli a Nemi, ma di recente lo Stato li ha acquistati, e verranno sistemati nel museo.
L'emissario
Nella valle del lago c'era anche un'altra costruzione notevolissima: l'emissario artificiale, costruito nel V secolo, cioè prima della dominazione romana: un cunicolo lungo 1.635 metri e largo 80 cm., scavato nella roccia, che congiungeva il lago alla valle Ariccia, di là del cratere, col doppio scopo di mantenere costante il livello del lago e di irrigare la valle. Sulle pareti sono ancora visibili i segni lasciati dai rudimentali strumenti degli operai, che lavorarono partendo da un capo e dall'altro, e si incontrarono al centro con un errore di pochissima entità. Ha una camera d'ingresso in opus quadratum di peperino e un sistema di chiuse sorprendentemente efficace; da Valle Ariccia prosegue a cielo aperto fino ad Ardea, dove sfocia nel mare. Fu restaurato negli anni '20 per coadiuvare lo svuotamento del lago quando si recuperarono le navi. È visitabile per un tratto.
La villa di Cesare
Sulla riva opposta al Tempio Giulio Cesare si fece costruire una villa (lo testimoniano Cicerone e Svetonio) che però non lo soddisfaceva, e la fece demolire quasi completamente; non si sa se fece in tempo a ricostruirla prima della sua morte (Munditiarum lautitiarumque studiosissimum multi prodiderunt: villam in Nemorensi a fundamentis incohatam magnoque sumptu absolutam, quia non tota ad animum ei responderat, totam diruisse, quanquam tenuem adhuc et obaeratum; in expeditionibus tessellata et sectilia pavimenta circumtulisse). La villa probabilmente in seguito divenne per asse ereditario proprietà di Caligola. Sta di fatto che sicuramente anche Caligola aveva qui una casa. Recentemente una serie di campagne di scavi condotte dagli Istituti Nordici di Archeologia ha riportato alla luce, sulle pendici meridionali del cratere, in località s.Maria, un imponente impianto residenziale costruito in età tardo-repubblicana, il quale ha subito rifacimenti nel I sec. d.C. Forse era questa, la villa di Cesare; o forse era quella sul ciglio del cratere, in località le Piagge, ancora da riportare alla luce. Gli scavi comunque mostrano chiaramente che da semplice villa la costruzione divenne un lussuoso complesso dotato di grandi cisterne (perfette, ancora adoperabili), terme e condutture d'acqua, due strade d'accesso, un'esedra, una grande terrazza verso il lago, lunga 250 metri con colonne uguali a quelle del Santuario e nicchie dipinte, stanze decorate da mosaici e pitture, e muri in opus spicatum, cioè con intarsi di pietre policrome a spina di pesce. La prof.ssa Pia Guldager Bilde dell'Università di Aarhus, direttrice degli scavi, sostiene che recuperando i pollini rimasti nei pozzi ed esaminandoli si potrebbe addirittura ricostruire il giardino, che doveva essere grande e molto curato. La villa, come pure il Santuario, crollò verosimilmente per un terremoto nel 3° o 4° secolo d.C., e non fu più ripristinata. Anche qui nel tempo numerosi dovettero essere i saccheggi.
Lo Speco di S. Michele è una caverna naturale situata nel costone al di sotto del castello; probabilmente all'epoca delle persecuzioni cristiane i fedeli della valle (il paese ancora non esisteva) vi si rifugiavano per celebrare i riti al sicuro. Fra il 1600 e il 1800 divenne Romitorio, cioè sede di eremiti. È rudimentalmente affrescato con immagini sacre, ora alquanto cancellate dal tempo e dal salnitro: c'era una Crocifissione e un santo, forse s.Bernardino da Siena, e naturalmente un san Michele Arcangelo; e c'era anche una riproduzione del Castello visto dal lago, così come doveva apparire prima dei rifacimenti d'età rinascimentale. Il Tomassetti, incaricato dai Ruspoli nei primi del '900 di studiare il Romitorio, fece uno schizzo dell'affresco, e questo disegno è l'unica testimonianza che ci è pervenuta della primitiva costruzione del castello, che era tozzo, con due torri merlate oltre quella principale e un grosso portale d'accesso verso la via che porta al lago (l'odierna Portella, nome probabilmente derivante da posterula = postierla, cioè la porta che si apriva nelle mura nel tratto posteriore delle
fortificazioni); a destra, dove adesso c'è il giardino pensile, un gruppo di case e un campanile che ora non esiste più (oppure la prospettiva è immaginaria, e si tratta dell'antica chiesa di s.Giovanni, poi sconsacrata, che era sul Corso; per un periodo fu anche usata come cinema parrocchiale, e oggi ospita la trattoria La rosa). Il Tomassetti riporta anche l'iscrizione, semi-cancellata e quindi lacunosa, di cui però è chiara la data: 1480. Purtroppo la volta è pericolante per i molti terremoti, sicché è stato necessario impedirne l'entrata con una cancellata. È in corso un progetto di restauro.
La chiesa di s. Nicola invece fu una vera e propria chiesa, edificata dopo l'editto di Costantino (313 d.C) con cui si liberalizzò il culto cristiano. È completamente diruta. I ruderi sono ancora visibili nei pressi dell'acquedotto delle Mole, sulla riva est del lago. Accanto si possono osservare i resti di un complesso edilizio con absidi, cunicoli e muri, che probabilmente era un impianto termale: infatti sopra di esso c'è la fonte della ninfa Egeria, la mitica consigliera di Numa Pompilio, che a furia di piangere per la morte del re fu tramutata in sorgente. Questa struttura è databile fra il I sec. a.C. e il IV d.C., cioè nel periodo di massimo splendore del Santuario.
La chiesa di s. Maria, ora anch'essa diruta, fu edificata sulla riva opposta in epoca bizantina, forse allo scopo di ricoverare degnamente un trittico su tavola portato nell'VIII secolo dal Medio Oriente verosimilmente per salvarlo dall'iconoclastia che a quell'epoca infuriava (distruzione delle immagini sacre in quanto considerate eretiche: il fenomeno durò più d'un secolo, coinvolse tutta la Cristianità e causò la perdita di molte opere d'arte). Anche di questa chiesa rimangono i ruderi, al lago, vicino alla casetta dei pescatori, non distante dal museo.
L'icona della Madonna, detta di Versacarro, nel 1637 fu portata nel Santuario del Ss.Crocifisso, che al principio era intitolato proprio alla Madonna, come è testimoniato dall'iscrizione posta sotto l'icona stessa: tabula vetustissima Deiparae de Versacarro cui templum hoc primitus dicatum fuit. Del trittico originario resta solo la tavola centrale, che rappresenta la Madonna col Bambino; le due laterali, coi santi Pietro e Paolo, furono rubate nell'agosto del 1975. Il nome Versacarro deriva da una pia leggenda popolare secondo cui, mentre dei ladri trafugavano l'immagine nascondendola in un carro di buoi, gli animali avrebbero per intervento divino 'voltato' (in latino voltare si dice vertere, da cui il participio versus) il carro e riportato la Madonna alla chiesa.
Il Santuario del Ss.Crocifisso, annesso al Convento che fu dei Francescani ed ora è dei Mercedari, fu costruito nel 1637 per volontà di Mario Frangipane, signore di Nemi. In origine era la cappella del Convento, ed era dedicato alla Madonna perché vi fu portata l'icona di Versacarro. In seguito, quando fu scolpito il Crocifisso ligneo, l'intitolazione fu fatta al Crocifisso. La statua è opera di fra' Vincenzo da Bassiano, autore di molti altri crocifissi. La leggenda vuole che il frate disperasse di riuscire a fare degnamente il volto del Salvatore. Pregò e andò a dormire, e la mattina dopo trovò il volto già scolpito, e mirabilmente. Si gridò al miracolo. In effetti, intervento miracoloso o no, la scultura è sorprendentemente accurata in alcuni particolari (ad esempio l'interno della bocca, meticolosamente preciso, con le arcate del palato e l'ugola, risulterebbe difficilissimo da realizzare solo con scalpelli del '600), ed il volto del Crocifisso ha un'espressione molto particolare che risalta quando, in occasione particolari o negli anni giubilari, il Cristo viene 'sceso', cioè staccato dall'altare per essere portato in processione per il paese. La differente prospettiva dà al volto santo una diversa espressione, da un lato di sofferenza e dall'altro di sorriso, che chi ha veduto non dimentica.
La chiesa parrocchiale di S. Maria del Pozzo, una delle più belle e più grandi del circondario, è anch'essa del 17° secolo. Fu costruita in sostituzione della cappella di Palazzo che venne demolita per far posto ad un ampliamento del Castello. Dato che la cappella si chiamava della Madonna de puteo eminente, perché sorgeva vicina ad un pozzo (forse la cisterna del Castello), la denominazione rimase identica anche per la nuova chiesa, anche se la scritta sul frontone riporta Deo et Beatae Virgini in Coelum Assumptae. Ma l'iscrizione fu posta solo all'inizio dell'Ottocento in seguito al restauro della facciata. La chiesa, ad una navata con cappelle laterali e transetto, ospita un organo proveniente dalla chiesa dell'Ara Coeli in Roma, costruito nel 1847 e qui collocato nel 1936, e un
Trittico ligneo di Antonio Aquili, detto Antoniazzo Romano: d'epoca quindi fra la seconda metà del Quattrocento e i primi anni del Cinquecento. Rappresenta il Cristo al centro, e s.Giovanni Battista e s.Giovanni Evangelista ai lati. È di grande valore artistico, e recentemente è stato restaurato.
Il Museo
Posto sulla riva del lago, costruito negli anni '30 per proteggere i preziosi scafi appena estratti dalle acque, è una costruzione interessante già di suo, perché offre un rarissimo esempio - il primo al mondo - di struttura concepita appositamente in funzione del contenuto e condizionata da quest'ultimo nelle soluzioni architettoniche: in effetti il museo delle navi di Nemi è un doppio hangar di calcestruzzo delle dimensioni esatte per le due navi, che erano lunghe circa 70 metri. Il progetto fu realizzato gratuitamente dall'arch. L. Morpurgo, che lo volle con grandi superfici vetrate e realizzò al di sopra del tetto una terrazza praticabile da cui si gode un panorama inedito del lago, proprio sulla sponda ma in posizione elevata. Il museo fu inaugurato nel gennaio del 1936.